lunedì 19 novembre 2012

Sorry...

We'll be back soon...

domenica 28 ottobre 2012

Il tranello

Il Capitano era stato invitato da ser Magniston per cena appena si fosse dato una rinfrescata dopo il suo compito giornaliero. Ma si presentò al suo cospetto ancora con indosso l'armatura, emanando anche un leggero puzzo di sudore. Chiaramente il gesto del Capitano era stato premeditato, quell'uomo non gli piaceva nemmeno un po', ed aveva sempre fatto di tutto per farglielo capire.
- Capitano... Vi aspettavo in condizioni migliori... - disse ser Magniston portando con la mano un fazzoletto sotto il proprio naso.
- Mi spiace aver deluso le vostre aspettative ser, ma sono solo di passaggio. La giornata è stata più pesante del previsto, ed è mia intenzione andare a dormire quanto prima.
- Significa che non mi farete compagnia a cena?
- No ser. Ma se è per le vostre informazioni che siete preoccupato, sono passato giusto per riferirvele.
- Prendete almeno un bicchiere di vino. È ottimo, viene dalle campagne di Lorien.
Lorien era una regione parecchio distante in direzione nord-ovest, famosa per i suoi vini di altissima qualità ma anche infinitamente costosi.
- Grazie. - rispose il Capitano - Come se avessi accettato.
- Allora... Che faccia aveva il nostro uomo misterioso?
- Uomo? Non direi ser, ragazzo forse. Vestito decentemente. Capelli di lunghezza media, neri, magro, che si atteggiava ad avventuriero. Probabilmente non avrà poco più di vent'anni se può esservi utile.
- Più di quanto pensiate Capitano. Siete sicuro che non volete assaggiare nemmeno un boccone di arrosto?
- Sicurissimo ser, vi ringrazio. Se non avete bisogno di altro mi ritirerei...
- Ma certo Capitano, andate pure. - rispose ser Magniston facendo un ambiguo gesto della mano.
"Non mangerei il tuo cibo nemmeno se stessi morendo di fame." - pensò il Capitano mentre varcava la porta per uscire - "E quando manderai i tuoi scagnozzi a cercare quel ragazzo senza trovarne traccia, e verrai a chiedere aiuto, potrai baciarmi il mio grosso e grasso culo peloso brutto figlio di puttana".
Lontano dagli occhi di ser Magniston, il Capitano decise che quanto aveva fatto quel giorno, meritasse un festeggiamento, e quindi si incamminò verso la taverna, dove sicuramente avrebbe trovato un boccale di birra con il suo nome inciso sopra.

***

Ancora seduto a tavola, ser Magniston stava finendo di guastare una coppa del suo prezioso vino, quando un'ombra entrò nella stanza.
Era un uomo alto, magrissimo, con folti capelli lunghi e neri, ed una barba incolta non molto lunga. Indossava una sorta di uniforme blu notte, con una fascia in pelle che ne attraversava il petto. Sull'attenti come se fosse un soldato ad una parata, si avvicinò alle spalle dell'ignaro Magniston.
- Allora? - disse l'uomo.
- Ha mentito. Un mio uomo afferma che non c'era nessun ragazzo, ma uno straccione. Era semi ubriaco o faceva finta di esserlo, ma la puzza era molto convincente.
- L'avete preso?
- Non ancora, ma l'uomo è irrilevante, sappiamo dove si trova la ragazza ed anche dove andrà. Ha già recuperato la lettera nonostante ci sia stato un piccolo imprevisto con l'oste del Boccale d'Argento.
- E col Capitano?
- Gli faremo credere che stiamo cercando il ragazzo che ci ha indicato, e nel frattempo... Bhé, si sa... Gli incidenti capitano...
- Bene. Tenetemi informato su tutto e chiaramente date priorità alla ricerca della ragazza. Se farete un buon lavoro sarete ben ricompensato.
Ser Magniston sorrise sempre nel suo viscido modo di fare, alzando la coppa di vino in segno di ringraziamento.

lunedì 22 ottobre 2012

La lettera

Quando si svegliò, l'alba era appena spuntata. Si diede una sistemata veloce e cominciò a vestirsi. Il suo unico pensiero fino a quel momento era stato solo il desiderio di fare colazione. Uscì dalla sua stanza e si diresse al piano terra tramite le scale esterne. Nella sala comune avrebbe trovato tutto pronto per soddisfare il suo bisogno, perciò iniziò ad avere un po' di fretta.
Le scale davano sul piazzale interno, dove alcune reclute molto giovani avevano già cominciato l'addestramento mattutino. Li guardò all'inizio con disprezzo; quei giovinastri non sapevano combattere e non conoscevano il sapore delle battaglie né della guerra. Poi però, scendendo ancora di qualche gradino, il suo sguardo si posò sul suo prominente ventre, che da tempo gli faceva compagnia. Erano anni ormai che non riusciva quasi più a vedere i suoi stessi piedi quando camminava, e la cosa lo rattristò molto. Tornò a guardare quei giovani con più tristezza che arroganza, ripensando a quando da giovane girava per il mondo facendo l'avventuriero. Poi venne il momento in cui ogni uomo ha bisogno di un posto da chiamare casa, e con esso arrivò anche una buona offerta di lavoro come guardia del corpo di un grosso mercante.
Da quel tempo erano passati molti anni. Il grosso mercante era così diventato un grasso ed opulento maiale, ma così schifosamente ricco da poter comprare ed ottenere qualunque cosa volesse. Di pari passo, lui riuscì a raggiungere il titolo di Comandante delle Guardie, ma al tempo stesso aveva cominciato a sua volta, come il suo padrone, a prendere le sembianze di un suino, solo che lui indossava l'armatura.
Arrivato in sala comune, si sedette al suo solito posto, e cominciò a mangiare le uova che il servo con le catene gli aveva appena servito.
Fissò il ragazzo fino a quando questi non tornò con le salsicce calde ed il solito boccale di birra che ogni mattina prendeva a colazione.
Ma quando il servo posò tutto sul tavolo, in maniera stranamente gentile, il Comandante rimandò tutto indietro, scusandosi e chiedendo invece solo un po' di latte di capra ed un pezzo di pane dolce. Il ragazzo obbedì senza dire una sola parola. Finita la colazione, l'uomo andò ad indossare la sua armatura ed a prendere le sue armi, il suo dovere lo attendeva.
Arrivò all'ufficio delle guardie interno al palazzo con uno sguardo più lugubre del solito. Lì era solito incontrare il suo attendente e cominciare i doveri della giornata.
- Buongiorno Capitano. - lo salutò il ragazzo.
- Buongiorno Yoan. Che cosa abbiamo per oggi.
- Oggi è prevista la visita alla stazione esterna, ci sono un po' di denunce da controllare. Inoltre ci sarebbe da consegnare una lettera da parte di Sua Eccellenza.
- A chi? E da quando facciamo i messi? Non poteva consegnarla uno dei servi visto quanti ce ne sono?
- Non sappiamo a chi è diretta, verranno a ritirarla di persona, e... pare sia importante.
- Nmph. - sbuffò il Capitano - Possiamo andare quindi?
- Non subito Signore, dobbiamo attendere che ser Magniston ci porti la lettera.
"Quel borioso leccaculo delle isole alte..." - pensò senza dire nulla il Capitano, poi una voce alle sue spalle lo colse di sorpresa.
- Non pensavo che avvicinarsi alle vostre spalle fosse così semplice... - disse ser Magniston sfoggiando un viscido sorriso - Se non fossi così avanti con gli anni e così fuori allenamento potrei persino pensare di poter prendere il vostro posto Capitano.
"Ed io prenderei volentieri la tua testa per darla in pasto a dei cani rabbiosi" - pensò in risposta il Capitano, ma quello che uscì dalla sua bocca fu decisamente differente, nonché intriso di falsa cortesia.
- E penso che potreste fare un ottimo lavoro ser Magniston, non avete molti più anni di me, e ve li portate benissimo. E se quanto si sente dire dalle ragazze di lady Sheera, siete molto più in forma di quanto vogliate far credere.
- Voi mi lusingate Capitano, ma non voglio farvi perdere ulteriore tempo della vostra giornata. - estrasse una lettera dalla manica e la porse al suo interlocutore - Questa è la lettera che dovrete consegnare. Non sappiamo chi sia o che aspetto abbia il suo destinatario, ma ha una parola d'ordine da dirvi. Vi dirà di avere sete e di abbisognare di una locanda. Voi indicategli quella in piazza e dategli la lettera dicendo che con quella poteva soggiornare li gratuitamente per una settimana.
Il Capitano prese la lettera e la infilò in tasca spiegazzandola un po'. Al gesto ser Magniston non nascose un lieve disprezzo.
- È tutto? - chiese.
- Si Capitano, è tutto, e se per caso dovesse ricordare l'aspetto di questo misterioso destinatario, sarò lieto di offrirle una deliziosa cena come compenso.

Quando raggiunsero la stazione esterna, notarono già una folta fila ad attenderli fuori dalla porta. Due guardie armate tenevano in ordine coloro che aspettavano, alcuni dei quali erano tra l'altro incatenati mani e piedi. I due entrarono all'interno, e la noiosa giornata del Capitano ebbe inizio.
Quando l'ultimo della fila fu andato via, il Capitano uscì fuori a sgranchirsi un po'. In quel momento, un uomo lo avvicinò. Era vestito di stracci logori e il puzzo che emanava faceva intuire che non vedeva l'acqua di un bagno da molte settimane; in compenso aveva bevuto da molto molto meno. Si rivolse a lui senza la minima esitazione.
- Ehi tu. Ehm... Signore... Dov'è che si può trovare un abbeveratoio da queste parti? Ho la gola bloccata dalla polvere...
- La locanda che cercate è in piazza, da quella parte. - disse indicando - Proseguite dritto, è quella con la porta verde.
Lo straccione sembrò pensarci su.
- Mmm... Una locanda eh? È non è che avreste anche qualcosa da darmi per far si che questo pover'uomo non venga preso a calci e buttato fuori dall'oste?
Il Capitano prese la lettera dalla tasca e la porse all'uomo.
- Tenete, con questo avrete dall'oste tutto quello di cui avrete bisogno.
Contento, l'uomo si allontanò ringraziando verso il luogo indicatogli, ed il Capitano, asservito al suo compito, rientrò per preparare il ritorno con il suo attendente.

Qualche minuto dopo, l'uomo vestito di stracci volava via dalla porta della locanda, con l'oste che gettava la lettera fatta a pezzi per la strada, e lo minacciava di non farsi più vedere se non voleva passare guai peggiori.
Quando l'oste fu rientrato e la porta chiusa, una fanciulla gentile aiutò l'uomo a rialzarsi, e conosciute le vicessitudini che lo avevano fatto gettar fuori dal locale, tirò fuori una moneta e gliela posò in mano, raccomandandosi di usarla per pagare i suoi debiti con l'oste.
L'uomo ringraziò la bella fanciulla, che andò via aggraziata come lui non ne aveva mai viste. Quando non ci fu più nulla da guardare, l'uomo cercò in terra i pezzi strappati della lettera, ma lì non c'erano più. Forse il vento li aveva portati via. Non ci pensò più, e rientrò impettito nella locanda.

mercoledì 3 ottobre 2012

L'agguato

I tre cavalcavano in direzione della città di Cielombroso, a passo sostenuto e con Duke sempre avanti di una lunghezza. Avevano preso dei buoni cavalli da un mercante appena sbarcato al porto, pagandoli anche più del dovuto, ma la decisione di Duke era stata indiscutibile. Non passarono nemmeno ad avvisare le proprie famiglie della partenza, ma l'oste si offrì di mandare il suo garzone con dei messaggi appena fosse stato possibile.
Stavano cavalcando già da qualche giorno, rimanendo in silenzio per la maggior parte del tempo. Durante una sosta per far abbeverare i cavalli, Ganador si rivolse a Torgrim con preoccupazione.
- Secondo te è ancora arrabbiato?
- Arrabbiato? Noooo... - rispose Torgrim in tono sarcastico - È furioso. È ne ha tutte le ragioni. Te l'avevo detto che bisognava dirglielo subito altrimenti avrebbe dato di matto ancora peggio del dovuto. Comunque lo capisco, scoprire che l'unica ragazza che hai mai amato è stata venduta dal fratello senza pensarci due volte, farebbe incazzare chiunque. Del resto hai visto cosa abbiamo dovuto fare per staccarlo da lui. Non fosse stato per noi gli avrebbe sfondato la faccia di pugni davanti a tutta la sua famiglia.
- Si, questo lo capisco, ma io intendevo se pensi sia ancora arrabbiato con noi...
- Certo che è ancora arrabbiato con noi. - disse Torgrim con un sorriso - Ma gli passerà, lo sai che prima o poi gli passa sempre...
Duke sembrava non dare peso al discorso intrapreso dai suoi due compagni, ed appena i cavalli ebbero finito, con un gesto gli fece capire di prepararsi a ripartire subito.
Percorsero la strada davanti a loro senza perdere tempo, incontrando solo pochi viaggiatori, fino a che Duke non li avvisò che avrebbero preso la scorciatoia attraverso la boscaglia. Torgrim, vista la situazione, si posizionò in testa al gruppo, perché grazie alla sua esperienza era il più adatto a guidare i compagni attraverso quella zona. Il bosco che stavano attraversando non era molto fitto, ed era percorribile tranquillamente a cavallo. Conoscendone i percorsi, si poteva risparmiare un bel po' di strada e di tempo per raggiungere la città, e Torgrim quei percorsi li conosceva come le sue tasche. Senza mai sbagliare una svolta infatti, il giovane li portò attraverso quasi tutta la boscaglia in men che non si dica. Ma a circa una settantina di metri prima di uscire sulla strada, Torgrim fece cenno agli altri di fermarsi e di fare silenzio. Rumore di spade in combattimento.

Scesero dai cavalli e li legarono ad un albero, poi si spinsero avanti a piedi cercando di fare quanto meno rumore possibile. Nascosti tra alberi e cespugli, guardarono in strada per vedere cosa stesse accadendo.
Una carovana era stata attaccata da alcuni briganti, ma nonostante la presenza di una scorta, i viandanti risultavano essere male armati e meno numerosi, e stavano chiaramente per avere la peggio. Da alcuni carri, si udivano le urla ed i pianti di donne e bambini spaventati. I briganti sembravano essere in tutto circa sei o sette, di cui uno particolarmente grosso che stava avanzando verso il retro del gruppo di carri, dove un tremante mercenario arretrava con la spada in pugno ed il cuore in gola.
- Che cosa facciamo? - chiese Torgrim.
- Li aiutiamo. - rispose Duke in tono perentorio - Ed anche in fretta se vogliamo farne rimanere qualcuno vivo.
Nel frattempo, il povero mercernario stava per subire un duro colpo dal grosso brigante, e considerando il fatto che attendeva con la spada alzata e gli occhi chiusi, molto probabilmente quel colpo sarebbe stato anche l'unico. Ma poco prima che la grossa mazza del bestione andasse a segno, dal retro del carro sfrecciò un dardo che lo colpì al braccio armato. Il colpo chiaramente andò a vuoto, l'uomo gridò di dolore, ed il mercenario impaurito, ormai con le braghe completamente fradice di piscio e feci, in un fugace attimo di lucidità colse al volo l'occasione per scappare. Il brigante orientò quindi la sua attenzione sul punto da cui era arrivato il dardo, e ricominciò la sua avanzata.
Ganador, che aveva osservato la scena nella sua interezza, sguainò deciso la spada, e continuando a tenere lo sguardo fisso sul nemico disse ai suoi compagni:
- Quello grosso è mio, voi pensate agli altri e cercate di non farvi ammazzare.
I due si guardarono stupiti, ma dopo un solo attimo erano già con le armi in pugno. Duke sbucò fuori dal bosco di corsa, preparando il fendente per il brigante che gli era più vicino, Torgrim invece, tese l'arco più che poté, mirando in direzione dei briganti troppo lontani per essere attaccati in corpo a corpo. Ebbe il tempo di scoccare tre frecce, e di abbattere due uomini prima che gli altri si nascondessero dietro i carri, al riparo da ogni pericolo. Gettò l'arco in un cespuglio, e sguainò le sue spade corte pronto ad andare all'attacco.
Intanto, il fendente a due mani di Duke aveva raggiunto il suo nemico da dietro, tra il collo e la scapola, tagliando la carne ed incastrandosi nella spina dorsale dopo aver rotto la clavicola e le costole superiori. Peccato che poco prima di ricevere il colpo, avesse avuto il tempo di tagliare la gola ad uno dei mercenari della carovana. Duke puntò il piede sulla schiena dell'uomo oramai crollato a terra, e staccò via la spada con forza, mentre dall'altra parte Ganador aveva quasi raggiunto il suo avversario.
Il grosso brigante era entrato nel carro, ed il rumore che ne veniva fuori era solo di casse di legno di andavano in frantumi. Ganador era arrivato a poco più di due metri quando riuscì a sentire il sommesso grido di una donna provenire dall'interno. Scattò in avanti, ed essendo abbastanza alto riusci a mettere un piede direttamente sulle assi di legno che formavano il fondo del carro. Vide che una ragazza era intrappolata sotto dei barili fatti a pezzi, da cui sembravano defluire indefiniti pezzi di legno, pesce, formaggio ed altre cibarie. Davanti a lei, il bestione stava per calare nuovamente la mazza, ignaro che oggi di certo non sarebbe stato il suo giorno fortunato. La spada che gli spuntò in maniera fulminea dall'addome ne fu una prova lampante. Gettò di lato il corpo dell'uomo ormai senza vita, ed aiutò la ragazza a liberarsi da tutto quello che gli era finito addosso, scoprendo però che nel trambusto aveva riportato una frattura alla gamba sinistra.
Fuori intanto, il silenzio era tornato a regnare sulla strada. Duke aveva abbattuto un altro brigante, ed i due rimanenti avevano optato per una repentina quanto veloce fuga.

venerdì 28 settembre 2012

Un viaggio inaspettato

Rovistò in tutta la stanza, fino a che non lo vide in un angolo in mezzo ad un mucchio di altra robaccia. Era sporco, incrostato di polvere come se fosse lì da secoli, ma era certa che fosse lui, la sua forma era praticamente inconfondibile. Provò a pulirne una piccola parte all'interno per sincerarsi della sua autenticità, e non rimase delusa. Svelta lo infilò nella sacca, e senza degnare di attenzione nessun altro oggetto, uscì dalla stanza. Ripercorse a ritroso il corridoio da cui era venuta, tendendo al massimo le orecchie ad ogni minimo rumore. Entrò nella dispensa dove era situato il passaggio, e pensando che il viaggio di ritorno sarebbe stato lungo, decise che avere una scorta di cibo con sé non sarebbe stata una cattiva idea.
Trovò un sacco non molto grande su uno dei barili, vi infilò dentro del formaggio, una bottiglia di quel liquore ed un bel po' di carne secca. Stava ispezionando le casse semiaperte vicino alla porta d'ingresso, quando un rumore alla porta la mise in allerta. La porta si cominciava ad aprire, non c'era tempo da perdere, s'infilò nella cassa che era abbastanza grande da contenerla, e cercò di richiudere il coperchio.
Pesce sotto sale. La puzza era terrificante, ma non aveva avuto altra scelta. Qualcuno era entrato nella dispensa, e dalle voci che si cominciavano a sentire probabilmente erano due donne, due serve sicuramente.
- Se scopro che quei due sfaticati hanno di nuovo rubato birra o liquore dalla dispensa giuro che stavolta li faccio prendere a frustate dal padrone... - disse una della due donne.
- Ma dai... Hanno sete, e qui sotto fa un freddo dannato. Avranno pur diritto a riscaldarsi un po'...
- Certo... Come tu hai riscaldato quel bardo ieri notte... Non pensare che non vi abbia sentiti... Cos'è? Aveva le mani troppo fredde per suonare l'arpa ed hai pensato di fargliele mettere in un posto più caldo?
- Non sono affari che ti riguardano! - rispose stizzita la donna che, dalla voce, sembrava essere la più giovane delle due.
- Invece di fare l'offesa, chiudi per bene quelle casse, che a breve dovrebbero arrivare i due figli del fabbro a darci una mano a metterle sul carro... E vedi di non metterti strane idee in testa...
Il cuore di Rain cominciò a battere come un cavallo al galoppo, ma nonostante tutto mise mano al coltello. Se l'avessero scoperta avrebbe dovuto fornire spiegazioni che non poteva dare, e non le sarebbe restato che porre fine alla vita delle due donne; idea che non avrebbe preferito non dover prendere in considerazione. Ma le sue paure si dissiparono quasi del tutto quando vide che il coperchio della cassa veniva sistemato ed inchiodato senza essere sollevato... Si rilassò un secondo, al come uscire da lì dentro ci avrebbe pensato in un secondo momento. Fortunatamente almeno, la cassa non era ermeticamente sigillata, e l'aria riusciva in qualche modo ad entrare, anche se in compenso il puzzo di pesce sembrava non voler andare da nessuna parte se non sotto il suo naso.
Come aveva detto la donna più anziana, le voci poco dopo aumentarono, e Rain sentì che la sua cassa veniva sollevata e trasportata da qualche parte. Quando la situazione si calmò, e non sentiva più nulla nei dintorni, decise che era arrivato il tempo di muoversi. Per esser sicura di essere sola, e di non avere guai a breve distanza, cercò di allargare con il pugnale, lo spazio tra due delle tavole della cassa. Vide della luce provenire dalla fessura, e guardandoci dentro, si rese conto di essere sopra un carro, insieme ad altre casse e barili. Sembrava non esserci nessuno la fuori, quindi provò ad aprire il coperchio della cassa. Niente, non si muoveva di un millimetro. Comprese quindi che probabilmente avevano appoggiato un'altra cassa sopra la sua, oppure qualcosa di egualmente pesante da non consentire al coperchio di spostarsi.
Non aveva voglia di rassegnarsi ma al momento non aveva altre idee brillanti da mettere in pratica. Cercò di riposare un po', ma era troppo scomoda per riuscire a dormire come si deve. Poi, qualcosa di strano la fece tornare completamente alla realtà; il mondo intorno sembrò cominciare a muoversi. Il rumore, le voci, gli zoccoli dei cavalli, il carro era partito, diretto chi sa dove. Doveva uscire di lì prima di arrivare a destinazione o di essere scoperta da qualcuno che avesse voglia di pesce sotto sale...

sabato 22 settembre 2012

Panico freddo

Del corpo non era rimasto più quasi nulla, solo un'informe massa nera e carbonizzata che fumava al centro della stanza. L'enorme essere lo continuava distrattamente a colpire con il suo respiro di fuoco, continuando a consumare una vita che ormai non c'era più.
Rain a quella vista rimase pietrificata. Cercò poi di riprendersi, e si spostò più silenziosamente possibile di lato all'entrata, sperando che il drago non l'avesse notata o minimamente percepita. Doveva pensare, e doveva farlo in fretta. Se il drago era lì, di sicuro era per fare la guardia a qualcosa, e quel qualcosa era, sicuramente, il Calice di Giada che gli era stato commissionato di rubare. Ma allo stesso tempo, se quell'affare con le ali se ne stava così buono e tranquillo al suo posto, molto probabilmente era anche stato addestrato, o nella peggiore delle ipotesi poteva essere uno di quelli senzienti che non erano ancora regredito a livello mentale.
Cercò di calmarsi, iniziò a respirare profondamente ed a rallentare i battiti del cuore, che nel frattempo gli era arrivato quasi in gola. La balestra, non sarebbe servita. Molto probabilmente la pelle squamosa che avrebbe cercato di colpire era troppo spessa e resistente per dei piccoli dardi. La spada poteva essere utile, ma lei avrebbe dovuto essere svelta come il lampo, ed avrebbe avuto bisogno di qualcosa con cui proteggersi. La mente della ragazza volò subito allo scudo che la guardia aveva sulle spalle, non le era sembrato il massimo, ma avrebbe resistito... forse... uno o due secondi almeno... ma alla fine quello era meglio di niente, e muovendosi senza emettere il minimo suono, tornò dove aveva lasciato i cadaveri delle due guardie. Durante il tragitto, pensò che se fosse riuscita ad uscire viva da lì, sarebbe tornata a fare due chiacchiere con quel vecchio ubriacone, e gliene avrebbe dette quattro a modo suo...
Lo scudo era poggiato al muro. Lo prese, lo sistemò sul braccio, e cercò mi agganciarlo quanto meglio poté. Prima di rientrare nel corridoio però, vide in terra le bottiglie che la guardia aveva preso dalla dispensa. Ci pensò su, poi ne sollevò una, la stappò e ne bevve un sorso abbondante. Dal sapore capì che non era vino, e nemmeno birra. Il liquido contenuto in quella bottiglia era un liquore dal sapore forte, deciso, molto probabilmente proveniente dalle terre oltre il mare del sud. Diede un altro sorso più piccolo, e posò la bottiglia. Quel liquore doveva darle coraggio, non annebbiarle la mente, e perciò non avrebbe dovuto esagerare. Non ora almeno. Uscita da lì avrebbe avuto tutto il tempo per prendere una sbornia altrove, e, se fosse andato tutto bene, avrebbe avuto anche abbastanza denaro per pagarsi da bere per molto tempo. 
Mentre apriva la porta però, dovette fermarsi per resistere alla sensazione di calore dell'alcol che si diffondeva nel suo corpo, e quello fu il momento della rivelazione. Pensò che probabilmente  la paura le avesse giocato un brutto scherzo, ma quel dubbio le stava facendo nuovamente palpitare il cuore. Si avvicinò all'entrata della stanza con il drago, appiattendosi sul muro di destra e sperando di non esser vista. Arrivata proprio accanto alla porta, poggiò una mano sul muro dietro il quale si era nascosta prima. Niente. Freddo come il ghiaccio. Fece la stessa cosa sul pavimento poco prima della coda del mostro. Ancora freddo. Rimaneva solo una cosa da fare, e se per caso si fosse sbagliata nei calcoli, avrebbe dovuto correre come mai in vita sua.
Riprese la balestra e la caricò. Arretrò di alcuni passi, restando sempre sul lato destro del corridoio, in modo da essere coperta alla vista della creatura. Nervosamente stava ancora continuando ad arretrare quando trovò il coraggio di premere il grilletto. Chiuse gli occhi poco prima dell'impatto, e si preparò mentalmente a correre al minimo rumore... Ma nulla interruppe il silenzio.
Aprì gli occhi, e del dardo appena lanciato non v'era traccia da nessuna parte. La cosa la lasciò perplessa oltre che stupita; la sua mira era quasi infallibile, raramente sbagliava un colpo, eppure, sulla coda del drago non c'era nulla. Che fosse semplicemente rimbalzato e che il mostro non se ne fosse neppure accorto?
Ci riprovò, ma stavolta tenne gli occhi bene aperti. Tlank. Il grilletto scatto, ed il dardo che venne scagliato contro la coda del mostro, la attraversò infilzandosi per terra. Dopo un primo momento di stupore, il sollievo s'impadronì di lei, ed una risata quasi isterica le sgorgò dalla gola, incurante del suono che potesse produrre. Si avvicinò all'entrata della stanza ma senza entrarci. I suoi dubbi erano fondati, lì vicino non c'era il minimo calore, che invece, a seguito delle continue vampate di fuoco che uscivano dalla bocca del mostro, doveva essere molto intenso.
Scavalcò la coda con un gesto pilotato più dal subconscio, che vedeva quella protuberanza ancora come un ostacolo, ed una volta all'interno della stanza, il drago notò la sua presenza. Il gigante verde si erse in tutta la sua mostruosa potenza, ruggendo in direzione del viso della ragazza. Lei invece, di tutta risposta lo ignorò, e si diresse verso il cadavere carbonizzato al centro. Niente nemmeno qui, nessun calore e nemmeno nessun odore di carne bruciata, che invece avrebbe dovuto appestare l'intero spazio.
Con il corpo eretto, il drago la seguiva con lo sguardo, continuando ad emettere strani versi. E proprio grazie a questa posizione, che Rain intravide il tavolo poco dietro di lui, completamente stracolmo di oggetti di tutti i tipi. Ci si avvicinò senza preoccuparsi minimamente del colosso verde, ed una volta raggiunto, individuò nel caos che regnava su di esso, un piccolo portagioie di legno e argento, decorato con teste ed ali di drago. Era aperto, e sembrava non contenere nulla. Lo sollevò, lo guardò con molta attenzione, e ne richiuse il coperchio con delicatezza. Al suo gesto, l'enorme drago si trasformò in una nebbia di colore verde, che rientrò come per magia nel portagioie, portando con sé anche il cadavere carbonizzato ed alcuni oggetti particolari contenuti nella stanza, che così si rivelò in realtà molto più piccola e di dimensioni più normali.
Decise che quel piccolo oggetto le sarebbe potuto tornare utile, e se lo infilò nella piccola sacca che portava con sé. Adesso non le restava che trovare il Calice di Giada, ed uscire quanto prima da quel posto, prima di attirare altri ospiti indesiderati.

domenica 16 settembre 2012

Il tesoro di giada

Quello che gli avevano riferito corrispondeva a verità. Nonostante non fosse certa al certo per cento delle informazioni di quel vecchio ubriacone, doveva ammettere che stavolta le cose erano andate sempre per il verso giusto. Fino ad ora almeno...
Ci mise un po' a trovare l'entrata nascosta lungo il perimetro posteriore del palazzo, ma appena lo vide capì immediatamente che non era usato più da nessuno da un tempo indefinibile, probabilmente molti molti anni. La botola di legno era infatti interamente ricoperta di piante, insetti, escrementi e qualunque altra cosa avesse deciso di farsi strada su quelle tavole, ma almeno la zona non era sorvegliata come l'ingresso principale, e di sicuro all'interno non avrebbe trovato dei grossi soldati ad attenderla.
Ci mise un po' a ripulire la superficie della botola per riuscire ad aprirla, ma in compenso la serratura era marcia, e cedette dopo pochissimi tentativi di scasso che le esperte mani della ragazza erano in grado di fare. In silenzio cercò di scendere dalla scala a pioli, ma era marcia anche quella, e quando il primo piolo cedette per poco non cadde giù rovinosamente. Si calò quindi con una fune legata saldamente ad un albero vicino, atterrò in silenzio sul fondo ed attese che gli occhi si abituassero al buio. Secondo quanto gli era stato riferito, il passaggio era perfettamente diritto, senza svolte o altre diramazioni, e sfociava direttamente nella zona delle stanze adibite a dispensa che si trovavano in cantina. Camminò con estrema cautela tenendo una mano sul muro, finché dopo alcuni minuti non raggiunse la fine del cunicolo. Il passaggio all'interno era nascosto dietro alcune tavole di legno, e davanti all'apertura, alta poco meno di un metro, erano stati piazzati alcuni barili, non si sa se per una semplice coincidenza o volontariamente per celarne il segreto.
Con destrezza la ragazza scivolò fuori dall'apertura, fuori sembrava non esserci nessuno, e così con il minimo rumore spostò uno dei barili ed avanzò verso la porta. Ma mentre vi si avvicinava, un rumore la colse di sorpresa, la porta si aprì e ne entrò un individuo. Fortunatamente, riuscì ad essere svelta di riflessi, e trovò riparo dietro ad alcune casse nelle vicinanze. L'uomo appena entrato sembrava essere una guardia; indossava una cotta di maglia leggera ed un mezzelmo, aveva uno scudo sulla schiena ed una torcia nella mano sinistra. Era armato di spada, ma la teneva comunque infilata nel fodero. A quanto pare, era entrato lì dentro per cercare un po' di birra o di vino, e quando ebbe trovato un paio di bottiglie, uscì senza nemmeno prendersi la briga di dare uno sguardo in giro. Probabilmente era una cosa che faceva di sovente.
Quando il pericolo fu passato e l'uomo era andato via, Rain si avvicinò alla porta, cercando di sentire se fuori ci fosse ancora qualcuno. Silenzio. La guardia probabilmente era tornata al suo posto, ma dove? Aprì piano e cominciò a sbirciare fuori. La dispensa dava su un corridoio che proseguiva in due direzioni. Dal lato destro proveniva una fioca luce tremolante, forse proveniente da delle torce dietro l'angolo o in una rientranza del muro, dalla parte opposta solo oscurità. Decise di rischiare e si avviò verso la zona illuminata.
Più si avvicinava alla luce, più iniziava a sentire le voci di due persone che parlavano tra loro. Al principio non riusciva a distinguere bene tutte le parole, ma più la distanza si accorciava e più divenivano chiare. I due uomini discutevano sulla loro intenzione di fare una visita notturna ad un paio di nuove schiave che il loro padrone stava per inviare all'attuale luogotenente della città di Doppialuna. I loro commenti ed i loro propositi poi, scivolarono tremendamente nella volgarità, quella che solo uomini dediti al peccato possono possedere.
Di solito, non amava dover ricorrere alla violenza, ed essere costretta a togliere la vita ad un altro essere umano era sempre stata una cosa che lei preferiva evitare, ma stavolta la sua coscienza si le si fece più leggera, e mentre caricava la piccola balestra pensò che in fondo in fondo, era un modo come un altro per salvare due donne da due stupidi maiali. Ed i due uomini di guardia, condivisero ben oltre che una semplice somiglianza animalesca con la razza suina; ne condivisero anche la sanguinosa fine. Infatti, dopo aver spiato senza farsi vedere la posizione degli uomini, ed aver notato la porta dietro di loro, con la velocità di una tigre che salta sopra alla preda, la ragazza uscì allo scoperto. 
Si era lanciata contro l'uomo che le dava le spalle e nel tragitto aveva sparato il dardo della balestra dritto nella gola dell'altro uomo. Quando la guardia ancora di spalle si voltò era ormai troppo tardi, Rain lo aveva raggiunto, e la lama del suo coltello era pronta per affondare profondamente nella gola di lui. La fortuna aiuta gli audaci, si sente dire spesso in giro, e non si può dire che Rain non sia audace o fortunata. Era riuscita a reggere l'uomo a cui aveva tagliato la gola prima che potesse cadere in terra e fare rumore, mentre quello colpito dal dardo si era poggiato lentamente al muro scivolando in terra solo con un leggero grattare metallico. Il dardo aveva colpito con precisione quasi millimetrica, ma per sua sfortuna l'uomo era ancora vivo, con un fiume di liquido rosso che ormai stava dilagando sul pavimento. Lei gli si avvicinò, e con un singolo colpo pose fine alle sue sofferenze.
Cercò le chiavi sui corpi dei due uomini, e quando le ebbe trovate, aprì la serrature della porta che stavano proteggendo. Si ritrovò in un corridoio dall'apparenza lungo un ventina di metri. Qui però non era totalmente buio, anzi, si riusciva a vedere quasi bene, forse per merito della luce che proveniva dalla stanza in fondo, e che a quanto pare non era protetta da una porta chiusa. Avanzò sempre con prudenza, controllando il cammino nel caso qualche trappola poco gentile volesse rovinarle la serata. Avvicinandosi alla porta, furono due le cose che che attirarono la sua attenzione. La prima, fu che il corridoio diveniva sempre più basso e stretto man mano che si avvicinava alla fine, e la seconda, che dalla stanza illuminata con intermittente intensità, proveniva uno strano rantolo, un rumore gutturale molto profondo e decisamente poco rassicurante.
Decise di prepararsi all'evenienza, e si fermò per ricaricare la balestra. Al posto del pugnale però, questa volta preferì passare alla spada; del resto non sapeva contro quanti avversari si sarebbe dovuta confrontare, ed un pugnale di solito, per quanto affilato, non è mai l'ideale contro una spada lunga o un'ascia bipenne...
Ma una volta raggiunta la stanza dove credeva che avrebbe trovato il suo oggetto dei desideri, quello che vide la lasciò letteralmente senza fiato. Un gioco di ombre aveva nascosto alla sua vista una grossa, enorme coda squamosa che si muoveva ritmicamente vicino alla soglia di ingresso della stanza, bloccandone l'entrata. E la luce che ad intervalli regolari illuminava maggiormente la stanza, altri non era che una lingua di fuoco che usciva da un orribile muso verdastro, dotato di grosse narici nere e denti aguzzi che spuntavano dalla bocca. Il tutto poi, parzialmente nascosto da delle enormi e verdognole ali da pipistrello semitrasparenti e completamente ricoperte da venature pulsanti.